mercoledì 16 agosto 2017

49069NU.00002.003 - Il cliente genderqueer - 003


Erano già arrivate Debora e Giaele in pizzeria, ed avevano riservato un tavolo. Si presentarono a Leonida, il quale, notando la somiglianza, chiese loro: "Siete gemelle?"

"Non monozigotiche", precisò Giaele, "Siamo semplicemente tre sorelle che sono nate insieme".

"Che io sappia è rara la gemellarità in Sardegna", osservò Leonida, e Debora rispose: "Nostra madre buonanima aveva fatto ricorso alla FIVET per averci. Tutti i tre embrioni impiantati sono sopravvissuti, ed eccoci qua".

"Condoglianze. E vostro padre?"

"Amava tanto la mamma che è morto un mese dopo di lei", disse Rebecca.

"Di cosa è morta?"

"Latrodectismo", rispose Giaele, "Ovvero è stata morsa dalla malmignatta, un ragno velenoso che si trova nelle campagne della Sardegna. È rara invero la morte per una cosa del genere, ma la nostra gravidanza ..."

"... Ed allattarci tutte e tre insieme fino alla prima elementare ...", osservò Rebecca

"... Aveva lasciato la mamma di cagionevole salute", terminò Giaele.

"Eravate giovani?"

"Appena diplomate", rispose Rebecca, "Debora ha preso in carico l'oreficeria di famiglia, e noi siamo andate avanti negli studi. I miei li conosci, e Giaele è un medico ..."

"Neurochirurgo!", precisò Giaele, "Così rendo onore al mio nome!" (Giudici 5:24-27)

Tutti risero, e Rebecca continuò: "Ora è il turno di Debora di iniziare gli studi universitari".

"Che studi?"

"Sono ragioniera", rispose Debora, "ma mi sono iscritta a Lettere, indirizzo Classico. Per la magistrale penso di studiare Lettere, Filologia Moderna e Industria Culturale, indirizzo Lingua, Letteratura e Geostoria della Sardegna. Non posso fare dei bei gioielli sardi se non conosco la storia dell'isola. Conto su Rebecca per delle ripetizioni di latino e greco".

"Tu, invece?", chiese Rebecca, "Sei molto curioso, ma di te ci hai detto poco".

"Vengo dalle montagne della Sardegna, ma ho sempre vissuto in Continente. Lì mi sono laureato in Giurisprudenza, e per molti anni ho lavorato nell'ufficio legale di un'importante banca. Dopo la pensione mi sono laureato in Lingue e Civiltà del Mediterraneo - le lingue che ho studiato erano l'arabo, l'ebraico ed il persiano, e spero ora di creare una sinagoga umanistica in questa cittadina".

"Moglie, figli?", chiese Debora, e Leonida rispose: "Sposato in tarda età, divorziato senza figli miei. Ho deciso di non accettare più compromessi, nemmeno nel mio aspetto, e ne vedete ora il risultato".

"Cos'è una sinagoga umanistica?", chiese Giaele, e Leonida rispose: "Per la maggior parte degli ebrei, essere ebreo significa sia appartenere ad un popolo che praticare una religione, dei cui precetti ci sono molte interpretazioni - come dice un midrash, 'Settanta facce ha la Torah', e prima ancora un salmo diceva: 'Una parola ha detto Dio, due ne ho udite'. Noi ebrei umanisti riteniamo che si debbano separare le due cose, e che sia possibile venire adottati dal popolo ebraico assumendo la sua identità ed aderendo alla sua cultura, senza bisogno di aderire alla sua religione. L'unico precetto che chiediamo di adempiere è la Regola Aurea: 'Quello che ti è sgradito, al tuo prossimo non lo fare'".

"Vuoi fondare un luogo di culto per una non-religione?", chiese stupita Rebecca, e Leonida rispose: "Una sinagoga umanistica assomiglia molto ad un'associazione di sardi dell'emigrazione. In questa 'sinagoga' noi coltiviamo la nostra identità individuale e collettiva, attraverso incontri ed eventi culturali".

"Ti sei spiegato benissimo", disse Debora, "Ma mi chiedevo fino a che punto è compatibile l'ebraicità con la sardità".

Rebecca rispose: "Compatibilissima. Ci sono stati molti ebrei sardi, e delle comunità organizzate a Cagliari, Alghero, Bosa, Iglesias, Sassari, fino al 1492, quando la corona spagnola costrinse gli ebrei dei suoi domini a scegliere tra la conversione e l'esilio, durato fino al 1720, quando giunsero i Savoia nell'isola. Attualmente l'isola è nel territorio della Comunità Ebraica di Roma".

"E ci sono molti tratti sardi che fanno pensare ad un retaggio ebraico importante", osservò Leonida.

"Cioè?", chiese Rebecca, e Leonida spiegò: "Tacito e Svetonio riferiscono che l'imperatore Tiberio, dopo dei tumulti avvenuti a Roma tra i seguaci di Iside e gli ebrei, mandò 5 mila di questi ultimi in esilio in Sardegna, a combattere i briganti delle montagne da cui vengo".

"Questo ce lo insegnano alle elementari; ci dicono anche che il termine sardo per 'venerdì', 'chenàpura' nel nostro dialetto, nasce da 'coena pura', un'espressione degli ebrei di lingua latina per indicare la vigilia del Sabato e delle feste", disse Giaele, e Leonida continuò: "Ringrazio Agostino d'Ippona per averci tramandato questa notizia; però pensavo ad un'altra cosa - conoscete la Sindrome di Asperger?"

Le tre sorelle scoppiarono a ridere e dissero: "Ci hanno diagnosticate tutte e tre!"

Giaele aggiunse: "Anche tu, scommetto, Leonida".

"Reo confesso. Mi era venuto il sospetto che almeno Rebecca lo fosse".

"Dura trovare una lesbica neurotipica e non-binary-friendly di questi tempi, vero?" chiese ironicamente Rebecca.

"Però mi devi spiegare che c'entra la Sindrome di Asperger con gli ebrei e con i sardi", osservò Debora.

"Sia gli ebrei ashkenaziti che i sardi, specialmente quelli del Capo di Sopra, hanno una prevalenza della Sindrome di Asperger molto superiore alla media americana. In America si dice che 1 persona su 68 è Aspie; nelle scuole del Capo di Sopra pare che 1 alunno ogni 20 sia Aspie".

"Ma gli ebrei ashkenaziti sono quelli dell'Europa del Nord e dell'Est", osservò Giaele.

"Eheh, tu mi hai ricordato la parola 'chenàpura'", ribattè Leonida, "Ed io ti cito la parola 'bentshen', che in yiddish vuol dire 'benedire'. Secondo voi, da dove viene questa parola?"

"Sembra latina", osservò Rebecca, "'benedire' in tedesco si dice 'segnen' oppure 'weihen'".

"Esatto. È una delle parole più antiche della lingua yiddish, e risale al momento in cui degli ebrei di Roma, dopo le conquiste di Giulio Cesare, si stabilirono lungo la Valle del Reno. Lì e nel nord della Francia crearono la tradizione ashkenazita, che poi si estese all'Europa dell'Est".

"Stai dicendo che gli ebrei romani hanno regalato a noi sardi ed agli ebrei ashkenaziti i tratti autistici che noi ora constatiamo nella clinica - ed in noi stesse ed in te?", chiese Giaele, che aggiunse, "Ci vorrebbero delle serie ricerche comparative di genetica della popolazione per verificarlo o falsificarlo. Tantopiù che non esiste un singolo fattore genetico responsabile dell'autismo, o della Sindrome di Asperger".

"La sinagoga umanistica potrebbe occuparsene. Io non chiederei a chi la frequenta di abbandonare la propria religione - chiedo solo di approfondire il retaggio ebraico dei sardi, e questo potrebbe farne parte".

"Questo è un progetto interessante", disse Debora a nome di tutte le sorelle, ed aggiunse: "Sta arrivando la pizza. Approfondiremo dopo. Buon appetito!"

La conversazione proseguì poi in tono leggero, anche se Debora non riuscì a trattenersi dal chiedere a Leonida: "Conosci il rituale dell''argìa'?"

"Nella mia zona d'origine non si praticava. Devo documentarmi".

Debora aveva fatto la domanda con cattiva intenzione, ma se ne pentì e disse semplicemente a Leonida: "Il rito forse no, ma la premessa somiglia a quella del 'Dybbuk' cabalistico. Mentre però nel dramma di Ansky, è l'anima di un uomo che possiede una donna, nell''argìa' è l'anima di una donna che possiede un uomo, ed il rituale ha scopo esorcistico".

"Pensi forse che io sia un'argìa?", chiese Leonida, e Debora rispose: "Non voglio offenderti, però mi pare strano che un uomo della tua età stia cercando di assumere l'aspetto di una donna in avanzata gravidanza - una delle forme dell''argìa' è proprio quella della partoriente".

Giaele dovette intervenire: "Molte persone 'genderqueer' sono in Aspie e viceversa. Non c'è bisogno di diagnosi fantasiose, Debora".

Rebecca disse: "Non è che l''argìa' rappresenti l'irruzione dell'archetipo di Era? Le varie forme dell''argìa' registrate sono la nubile, la sposa, la partoriente, la vedova - tutte fasi della vita sessuale e riproduttiva della donna a cui sovraintendeva Era! E ad Era erano sacri i leoni - e come ti chiami tu? Leonida!"

Giaele si mise la mano in testa e disse: "Ragazze, state dicendo cose intelligenti nel setting sbagliato".

Leonida rise dicendo: "Cosa tipicamente Aspie!", e riprese: "Ci ho pensato, ma che c'è di male ad essere un'argìa?"

Rebecca: "Te le suonano! Anche il più antico strumento musicale sardo, le launeddas, è in diverse fogge, tra cui la 'pippia = bambina', ' fiuda bagadìa = vedova zitella', 'mongia = monaca'. Non voglio dire che ti picchiano, voglio dire che quando emerge un archetipo, ne vieni usato. Le launeddas non suonano da sole, sono suonate - e suonatrici di launeddas, a cominciare da Federica Lecca, stanno nascendo solo adesso!"

Giaele: "Anche perché le launeddas sono molto simili alla siringa, o flauto di Pan. Venivano usate nell'antichità in riti orgiastici che celebravano la fertilità della natura, interpretata da uno sguardo maschile. I balli sardi di oggi di quei riti sono solo un ectoplasma, ma danno lo stesso un'idea delle forze spirituali in gioco".

Leonida: "Vi ringrazio per avermi dato l'idea di scrivere un articolo che paragona il 'Dybbuk' all''Argìa'. Tra l'altro, una delle cose che ho scoperto guardando in Internet mentre ridevate sulle mie tette (sempre meglio che alle mie spalle), è che Argìa era la cognata di Antigone perché ne aveva sposato il fratello Polinice, e la aiutò a ricuperare e seppellire il corpo del fratello e marito. Argìa fa una cosa legalmente vietata, ma moralmente necessaria. Sbaglio ad ispirarmi a lei?"

Giaele disse: "No. Però 'argìa' è il nome sardo della malmignatta, il ragno che ha ucciso nostra madre. Come mai, se sei un''argìa', finisci con l'incontrare proprio noi? Dobbiamo capire che missione devi compiere, benefica o nefasta per noi e la città".

"Vi capisco", bofonchiò Leonida prima di riprendere a mangiare la pizza; a Rebecca spiacque il come ci si era rivolte a lui, e cercò di confortarlo parlando del suo interesse speciale per la mitologia greca. Altre persone si sarebbero arrabbiate, ma Leonida era intellettualmente abbastanza curioso da apprezzare delle considerazioni che avrebbero fatto invidia a Roberto Calasso, le apprezzò come un omaggio alla sua intelligenza, e cercò di rispondere a tono, od almeno di incoraggiare Rebecca a parlare.

Vide anche sul web che gli antropologi avevano già notato il rapporto tra "dybbuk" (nella versione di Ansky, un'anima maschile che possiede una donna), "tarantismo" (idem, in Puglia) ed "argìa" (un uomo posseduto da un'anima femminile, in Sardegna), e disse a Rebecca che l'articolo non l'avrebbe perciò scritto, visto che non aveva niente da aggiungere a quello che era già noto. Ma i ringraziamenti per averlo incoraggiato a documentarsi erano comunque validi.

Tra un interesse speciale e l'altro di cui parlare a lungo, l'intesa si approfondì tanto da indurre Debora e Giaele a scambiarsi ogni tanto lo sguardo d'intesa ed i sorrisi di chi si trova a reggere il moccolo!

Pagato il conto, Debora e Giaele andarono a casa, Rebecca si offrì di riaccompagnare a casa Leonida, perché non si perdesse tra i vicoli che si arrampicavano sul colle - e Leonida, col pretesto che Google Maps per cellulari non era abbastanza preciso per le calli di Venezia, i caruggi di Genova, ed i vicoli di quella cittadina sarda, accettò volentieri.

Davanti alla casa di Leonida, Rachele lo abbracciò, e lui la baciò. Entrarono in casa e non ne uscirono fino al mattino. Non c'era caffè in casa, e dovettero andare a berlo in un bar, mano nella mano, stupendo la barista.

Si sedettero ad un tavolino, e Leonida chiese: "Non eri lesbica?"

"Me lo sono chiesto un migliaio di volte stanotte", rispose Rebecca, "Ed oltretutto, non è consigliato andare a letto con i clienti. Si perde la lucidità, e non sempre sono loro a guadagnarci".

"Non è che sei per caso bisessuale?", propose timidamente Leonida; Rebecca fece di no col dito e disse: "No, non ho più avuto rapporti con ragazzi da quando facevo le medie inferiori, e non vedo motivo di cambiare atteggiamento. Forse ha ragione Debora, o forse ha ragione Giaele."

"Cioè?"

"Debora ha detto ieri sera che sei un''argìa', Giaele, mentre pagavi il conto, che sei 'bigender'. In entrambi i casi vuol dire che hai una forte componente femminile, e quella mi ha attratto oltre le tue fattezze".

"Potrebbe darsi. Ma hai fatto con me cose che potresti fare solo con uomo".

"No. Ci sono le protesi. Ne faccio volentieri uso. Da sola ed in compagnia. Puoi avere qualsiasi anatomia, ma devi essere femminile dentro per attrarmi".

"E adesso che facciamo?"

"Fra poco abbiamo appuntamento con un altro proprietario di case, che ti mostrerà che cosa può venderti. Ti accompagno?"

"Non puoi dirgli di lasciare la casa vuota, così la esploriamo con comodo?"

"E magari ne valutiamo anche la 'bedworthiness = attitudine alle cose da letto'? Quando sarò ingegnera idraulica ti lascerò la mia agenzia immobiliare, anziché chiuderla, perché sono sicuro che, se non la fai prosperare, ti divertirai comunque un mondo ad interpretare in modo creativo questo mestiere!"

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