mercoledì 6 settembre 2017

Juno.00003.002 - www.kosher-naturist-restaurant.com - 002


Juno cominciò con il registrare il marchio "Kosher Naturist Restaurant" ed il dominio web "kosher-naturist-restaurant.com", e si mise a frequentare i corsi richiesti dalla normativa (SAB ed HACCP), mentre Rebecca progettava l'allestimento interno del locale.

Giaele stava intanto studiando le ricette della cucina crudista e vegana, ed una sera fece quest'osservazione davanti alle sorelle Debora e Rebecca, ed alla cognata Juno:

"Forse non vi è venuto in mente, ma siamo ormai in sei persone (fra poco sette) che mangiano cibi solidi, e per fortuna alla stessa ora. Mi pare inutile che ognuna di noi cucini nel suo appartamento, sprecando gas, condimenti, detersivi, eccetera. Se avessimo una cucina comune, e ci alternassimo nella preparazione dei cibi, risparmieremmo tempo e denaro".

"Mi stai dicendo che sareste clienti fisse del mio ristorante?", chiese Juno, e Giaele rispose: "Sarebbe un'ottima idea, anche di marketing. Una famiglia di donne che vive bene e nutre bene le proprie figliolette con una dieta vegana crudista è un'eccellente pubblicità per il loro locale, se esso prepara il loro cibo".

"Purché tu sappia configurare correttamente la dieta", osservò Rebecca, "Diana sta cominciando lo svezzamento, e voglio che cresca bene. Ho sentito cose spiacevoli sulle diete vegane, e non voglio correre rischi".

"Sono più delicate, infatti. Occorrono degli integratori, e Juno dovrà verificare se il lievito di birra è 'kasher le-Pesach' (ossia lo si può consumare anche negli otto giorni della Pasqua ebraica) ..."

"Sì, purché non sia mescolato a cereali o legumi", rispose Juno.

"Bene; il lievito non è vegetale, ma ci sono vegetali che gli ebrei non possono consumare durante la Pasqua?"

"Cinque cereali ed alcuni tipi di legumi: Grano, Spelta, Orzo, Avena, Segale; i legumi (chiamiamoli così, anche se un botanico non sarebbe d'accordo) vietati secondo la tradizione della maggior parte delle comunità ashkenazite sono: Riso, Mais, Lenticchie, le leguminose in genere e le arachidi".

"A che tradizione si rifà la tua associazione 'Ebraismo Umanista Sardo'?", chiese Rebecca, e Juno rispose: "Per diversi motivi, non ultimo la disponibilità agli scambi culturali ed al dialogo interreligioso, ci si era affiliati alla tradizione sefardita - che non vieta i cosiddetti legumi a Pasqua".

"Continuiamo con la tradizione sefardita, allora", disse Giaele, "Nulla vieta di evidenziare codesti 'legumi' e tenerli separati dal resto del cibo per i clienti ashkenaziti".

Rebecca aggiunse: "Passiamo ad altro. Un ristorante che si rifiuta di cucinare è un paradiso per chi lo progetta ed usa. Infatti non ci sono né forni né, fornelli, non c'è bisogno di cappe aspiranti, il condizionamento può essere quello normale di un ufficio, non c'è bisogno di tenere frigoriferi separati per cibi crudi, semilavorati e cotti (anche se è opportuno tenere la frutta e la verdura ancora intere in un frigorifero diverso da quello dei piatti già pronti), la lavastoviglie non vi maledice quando le infilate dentro teglie che hanno carbonizzato della carne o posate a cui si è attaccato il formaggio (potrebbero bastare delle lavastoviglie da bar), se servite il cibo a buffet il cliente non si arrabbia perché lo trova freddo ..."

"I piatti della giornata li posso preparare poco prima prima dell'apertura del ristorante al pubblico, senza fare lo scherzo di cucinarli a metà all'alba, metterli in frigo fino a mezzogiorno, completare la cottura al momento di servirli, e fare il più ipocrita dei sorrisi nel tentativo di convincere il cliente che il piatto è stato preparato espressamente per lui ...", aggiunse Juno.

"L'unica fonte di calore è la macchina per il caffè espresso, che prepara anche the e tisane", disse Rebecca, e Debora la corresse: "Aggiungerei affettatrici, frullatori ed altre cose, indispensabili per preparare in casa il latte od il burro di soia o di mandorla. Mi sono documentata, ed i rabbini sconsigliano di comprare questi prodotti al supermercato (se non hanno il loro bollino di kashrut, ovviamente!), perché potrebbero essere stati adulterati con conservanti a base di cereali, e quindi diventare proibiti a Pasqua".

"Un'ulteriore garanzia di genuinità", esultò Rebecca.

"Ancora un po' e torrefaremo il caffè in casa", ironizzò Juno, e Giaele disse: "Non lo dire due volte! Oltretutto, il caffè attira non soltanto le viziose come te, ma anche gli scarafaggi, e se ci mettiamo a torrefarlo occorrerà difendersene con ogni mezzo!"

Rebecca infine presentò la pianta del nuovo locale, che prevedeva, oltre al locale per la preparazione dei cibi, separato dalla sala da pranzo da una parete vetrata, un vestibolo multifunzione.

In quel vestibolo si sarebbe fatta la tessera di un'associazione naturista (per chi non l'aveva già), ci si sarebbe spogliati, anche dei cellulari (alcune volte l'anno, per presentare il naturismo ai "tessili", ci si sarebbe accontentati che i clienti togliessero di tasca ogni oggetto metallico e cellulare), lavarsi le mani (non è obbligatorio in nessun ristorante kasher - ma è certo molto ebraico) e pagare il pasto (il ristorante sarebbe stato "all you can eat", quindi tanto valeva pagare il conto in anticipo) - le bevande diverse dall'"acqua del sindaco" sarebbero state pagate a parte dopo.

"Il locale sarà videosorvegliato?", chiese Debora, il cui mestiere di orafa la rendeva sensibile ai problemi di sicurezza, e Rebecca rispose: "Va bene solo la parte del vestibolo in cui i clienti sono vestiti? Se riprendiamo i clienti già nudi, non soltanto ci devono firmare una liberatoria, diventiamo anche ghiotta preda degli hacker!". Debora acconsentì.

Tutte approvarono il progetto, ed incaricarono Juno di comprare mobili ed attrezzature da cucina. Nei primi tempi, soltanto la famiglia composta da Juno, Rebecca, Dina, Giaele, Lia, Rebecca, Rachele avrebbe mangiato lì - ed una volta sicure della qualità del cibo ed efficienza della sua preparazione, avrebbero trasformato il locale in ristorante.

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