giovedì 31 agosto 2017

Juno.00002.007 - Aspermer Syndrome Collection - 007


Giunse il gran giorno della discussione della tesi magistrale di Rebecca. Debora aveva chiuso l'oreficeria; Giaele aveva preso un giorno di ferie; Juno aveva sospeso le attività di Ebraismo Umanista Sardo; Anna non aveva ancora iniziato né il tirocinio attivo formativo, né il corso di assistente sessuale; Rosaria sarebbe venuta all'Università insieme con il fidanzato Giorgio, ma con i suoi mezzi, visto che abitava in un paese lontano dalla città di tutte le altre.

La discussione fu un po' tempestosa: infatti Rebecca nella tesi si era concentrata sulle caratteristiche tecniche delle opere idrauliche della Tennessee Valley Authority, mentre alcuni commissari d'esame, ingegneri gestionali, avrebbero voluto che lei approfondisse invece il quadro normativo e le strategie manageriali della TVA.

Per fortuna Rebecca si era ben preparata anche su questo, e replicò che le diversità tra il diritto americano e quello italiano rendevano difficile trapiantare quest'aspetto dell'esperienza americana in Sardegna. Invece le scelte tecniche erano facilmente trasferibili, anche se il Tirso, a paragone del Tennessee, sembra un rigagnolo, e la sua tesi proponeva di circondare l'isola di dissalatori per dissetarla.

La replica convinse la commissione, che diede a Rebecca il massimo dei voti e la lode; mentre Rebecca udiva la proclamazione dei risultati, era arrivato Don Pietro. Rosaria gli riservò un'occhiataccia, ma preferì non aprir bocca per non guastare il momento - fu al momento del rinfresco che lo prese da parte e gli rovesciò una serie di "irroccos = maledizioni" degne della "Famosissima scomunica del rettore di Masullas" [capolavoro umoristico della letteratura sarda].

Per fortuna di Don Piero, nessuna volle fare la spia - e dopo il pranzo lo spettacolo di "drag queen" animato da Anna e Juno (in cui la prima voleva insegnare alla seconda a tirar d'arco - ma le tette si infilavano sempre in mezzo; e la seconda cercava di insegnare alla prima a nuotare - e non capiva perché galleggiasse così male) divertì anche lui, anche se la pubblicazione delle foto del pubblico su Facebook gli avrebbe sicuramente procurato dei grattacapi col Vescovo.

Pochi mesi dopo, Rebecca passò l'esame di stato e si iscrisse alla sezione A dell'Albo degli Ingegneri, Classe LM-23. Potè quindi presentare il progetto per la ristrutturazione del vecchio laboratorio orafo, ed attrezzarlo a banca del seme.

Era previsto un edificio di tre piani; un seminterrato da adibire a garage per i clienti, con alcuni vani riservati ai gruppi di continuità ed all'impianto di condizionamento; un primo piano con gli ambulatori medici; un secondo piano con i frigoriferi ed i laboratori d'analisi; e nel sottotetto i serbatoi dell'acqua potabile.

Il comune non fece storie, anche perché il palazzo era vicino all'ospedale, e nell'improbabile caso di infortuni, bastava spingere l'infortunato in barella fino al Pronto Soccorso.

Terminati in pochi mesi i lavori, Giaele procedette alla selezione del personale medico e paramedico per la struttura, che alla fine fu chiamata brevemente "Aspermer", e presentata al pubblico con una conferenza stampa.

martedì 29 agosto 2017

Juno.00002.006 - Aspermer Syndrome Collection - 006


Dopo che Don Pietro se ne fu uscito, Juno guardò i progetti per i locali della banca dello sperma. Si rese conto che prevedevano che il sotterraneo, mai usato prima, venisse attrezzato a garage, con un due scivoli per gli automezzi (uno per scendere, uno per salire), le scale, ed un ascensore.

Chiamò Rebecca e le disse: "L'attrezzare a garage il sotterraneo ci costerà un bel po'".

Rebecca rispose: "Amore, lo so, ma se tu ti recassi ad una banca dello sperma, ti piacerebbe andare a cercare parcheggio nelle vie adiacenti, e poi farti vedere dai vicini mentre suoni il campanello?"

Juno dovette convenire che bisognava fare quella spesa, ma osservò: "Tesoro, sei sicuro che l'ascensore sia adeguato?"

"Certo!"

Juno rise, porse a Rebecca un metro come quelli usati dai venditori di stoffe e le disse: "Misurami la profondità!"

Rebecca lo fece, scoppiò a ridere e disse: "Santo cielo! Dopo l'ultimo lipofilling non ci stai più dentro l'ascensore!"

"Dentro il tuo cuore spero di trovare sempre posto!", disse Juno, "però temo che se uno si presenta con la carrozzella a motore, l'ascensore che hai scelto vada in sovraccarico".

"C'è questo rischio".

"Dei tappeti mobili come quelli dei supermercati li possiamo installare? Risolviamo il problema della mia ... profondità, se sono ben dimensionati anche quello del peso della carrozzella, e se il cliente viene accompagnato, gli accompagnatori possono stare davanti o dietro di lui".

"Mi sa che hai trovato la soluzione migliore. Devo però rivedere il progetto. Provvedo subito".

"Prima c'è un problema da risolvere. Il Don Pietro che era venuto a farmi visita in ospedale è passato qui, e dice che vuole diventare cliente della nostra banca dello sperma".

"E come fa a saperlo???"

"Non mi ha voluto comunicare la sua fonte. Ed io ho un grosso sospetto".

"Se è quello che pensi, è roba da scomunica! Un prete deve farsi affogare come San Giovanni Nepomuceno piuttosto che tradire il segreto confessionale!"

"È una pia leggenda - è quasi certo che Giovanni Nepomuceno fu torturato ed ucciso per altro motivo - ma per il resto hai ragione da vendere!"

Rebecca chiamò immediatamente Rosaria e dopo alcuni convenevoli le chiese: "Ho visto che in casa tua tieni un'immagine della Madonna. Hai anche un direttore spirituale?"

"Sì, il canonico e cappellano dell'ospedale Pietro. Se non sbaglio è venuto a visitare Juno dopo l'operazione".

"Gli hai parlato del nostro progetto per caso?"

"In confessione, quindi era tenuto al segreto ... vuoi dire che gli è scappato di bocca?"

"Fa' conto".

"Che gli è saltato in mente?!?!?"

"Rosaria, avremmo voluto evitare una fuga di notizie, anche se pensiamo che non ci farà danno".

"Ho anche litigato con lui durante quella confessione, in quanto lui diceva che dovevo abbandonare il progetto perché la vostra banca avrebbe praticato l'inseminazione eterologa, ed io ribattevo che conoscevo un Aspie che non era capace di fecondare sua moglie nel modo 'ovvio' a causa di problemi sensoriali, una banca dello sperma avrebbe risolto il suo problema, e ritenevo mio dovere aiutarlo!"

"E come lo conosci? Non è cosa che un uomo riveli facilmente!"

"Gli Aspie sono famosi per le loro confidenze inopportune!"

"Rosaria, io, le mie sorelle, e Juno, siamo tutte Aspie diagnosticate. Non ce la puoi dare a bere! Fosse un liceale, ti crederei, ma se parli di 'moglie', mi pare sia abbastanza grande da capire cosa dire e cosa tacere, anche se Aspie!"

Rosaria tacque un istante e rispose: "È il mio fidanzato. Con lui non ho bisogno di prendere la pillola".

Rebecca rise e disse: "I migliori auguri! Saremo felici di aiutarvi!"

"Vedi perché ci tengo tanto a questo progetto?", disse Rosaria, e Rebecca osservò: "Mah ... io sono ingegnera idraulica, tu ingegnera biomedica, mi sa che con questa banca dello sperma faremo tanta ingegneria sociale!"

sabato 26 agosto 2017

Juno.00002.005 - Aspermer Syndrome Collection - 005


Il mattino dopo la chirurga chiese a Juno perché non si levava i copriareole d'oro, ed ella rispose: "Mia moglie e le mie cognate vogliono pubblicare il video dell'intervento su Facebook, e non posso mostrare i capezzoli lì".

L'infermiera rise, La chirurga aggrottò le sopracciglia e disse: "Non garantiscono l'igiene, e per questo devo chiederle di levarli. Posso mettere dei tamponi di tessuto sulle areole, igienici e modesti".

Juno accettò, e sia l'operazione che il filmato riuscirono bene - quando riportarono Juno in camera, dovettero coprirle il petto con un lenzuolino di traverso, perché per il lungo non era abbastanza largo.

Qualche ora dopo, mentre Rebecca, Giaele e Debora stavano riguardando il filmato dell'intervento prima di pubblicarlo su Facebook, passò in camera il canonico e cappellano Pietro.

La pratica gli aveva insegnato a camminare silenzioso, ma a bussare, ed una volta entrato salutò le quattro donne presenti.

Salve, Juno. Di che intervento si trattava? Oh, ho capito ..."

"Don Pietro, ho il complesso del seno piccolo", disse sorridendo Juno.

"Lei ora non teme i naufragi", osservò Pietro, mentre le altre donne ridevano; Pietro disse ancora: "Questo è un buon ospedale, ma se qualcosa non va non esitate a chiamarmi, e per lei farò il possibile".

"Grazie. Ora mi perdoni, ma devo andare a fare la pipì".

"Bene. Vuol dire che l'operazione è riuscita", disse Pietro accomiatandosi, e Giaele confermò.

Il giorno dopo Juno tornò a casa, e due giorni dopo Don Pietro passò a trovarla.

"Mi sono informato su di lei, e so che lei ha fondato l'associazione EUS, con una fornita biblioteca di cultura ebraica".

"Infatti", rispose Juno, "Chiunque è il benvenuto nella biblioteca, purché si faccia la tessera. Per coprire non solo le spese, ma anche l'assicurazione".

"Ed infatti il vostro vescovo mi ha parlato bene di voi e dice che docenti e studenti del seminario della vostra biblioteca fanno molto uso. Però mi servirebbe un'altra cosa".

"Cioè?"

"Sbaglio, o state fondando una banca dello sperma?"

"La notizia doveva rimanere ancora riservata! Ora stiamo solo preparando i locali ed ordinando le attrezzature! Come lo ha saputo?"

"Non importa".

"Importa. Vuol dire che qualcuno ha tradito la nostra fiducia, se c'è stata la fuga di notizie. Comunque, non tema, andremo avanti".

"Ecco ... se io fossi tra i vostri clienti?"

Un prete cattolico che deposita il suo seme nella banca dello sperma è una cosa molto strana, ma Juno non ci vedeva niente di male; chiese però: "Come mai questa richiesta?"

"Invecchio. Fra poco compirò quarant'anni e le banche dello sperma tradizionali rifiuteranno il mio sperma".

Juno si fece molte domande su Don Pietro, ma si limitò a dire: "Si può fare. L'avverto però che le banche dello sperma tradizionali offrono al donatore un rimborso spese, ma noi abbiamo deciso di non farlo. Faremo pagare una tessera annuale per coprire i costi di refrigerazione, ed anche i 'depositi' saranno a pagamento".

"È anonima la tessera?"

"Blinderemo l'archivio dei soci".

"Quando sarete operativi?"

"Fra un anno. Abbiamo troppe altre cose da fare prima. Tra parentesi, se lei va a depositare il suo sperma altrove, non siamo mica gelose. Se ne ha l'occasione ne approfitti!"

giovedì 24 agosto 2017

Juno.00002.004 - Aspermer Syndrome Collection - 004


Il mattino dopo Juno e Rebecca fecero l'amore, e discussero poi l'agenda del giorno.

"Oggi non ho clienti", osservò Rebecca, e Juno aggiunse: "Non ci sono nemmeno eventi di EUS (Ebraismo Umanista Sardo). Potremmo passare tutto il giorno a letto".

"Ti piacerebbe, eh?", rispose sorridendo Rebecca, che però invece propose: "Conviene fare un sopralluogo al nostro vecchio laboratorio orafo, e nel primo pomeriggio contattare Rosaria, la tua cugina ingegnera biomedica".

"Con una pausa tra un impegno e l'altro?", insistè Juno, e Rebecca acconsentì.

Il vecchio laboratorio orafo era vuoto, ed anche passabilmente pulito, per cui il sopralluogo durò poco - Rebecca si limitò a fare delle foto, prendere le misure del locale con una livella laser, ed a prender nota delle prestazioni degli impianti tecnologici.

"Possiamo tornare a casa per la pausa, Juno", propose Rebecca, ma Juno fece una controproposta: "Mentre prendevi le misure ho messaggiato mia cugina, che ha detto che vuole parlare con noi oggi pomeriggio. Vicino a casa sua c'è un bel ristorante. Che ne dici se prendiamo il camper, facciamo la pausa vicino al ristorante, mangiamo, facciamo un'altra pausa se vuoi, e poi passiamo da mia cugina?"

"In una cosa sei rimasto Leonida, Juno", osservò sorridendo Rebecca, che aggiunse: "Ottimo. Le sorelline si sentiranno sole senza di me, ma per un giorno può andar bene".

"Forse più di un giorno. Dopo la cugina, ci conviene avviarci verso l'ospedale dove domani mi faranno il lipofilling".

"È un problema se invito le sorelline a raggiungerci stasera? Il camper è omologato per sei".

"Va bene. Preciso che Anna non la voglio".

Quest'osservazione piacque tanto a Rebecca che baciò Juno, e le due donne si avviarono mano nella mano verso il garage del camper.

Il ristorante sorgeva su un monte davvero bello, con un panorama che incoraggiava sentimenti di amore ed un'aria frizzante che stimolava l'appetito. Terminate le pause, col camper scesero nel paese dove abitava Rosaria.

Lei si dimostrò entusiasta della proposta; guardò foto, mappa e i rilievi del vecchio laboratorio orafo, e disse che era adatto alla bisogna - salvo qualche ritocco; e si diedero appuntamento per la settimana successiva per la consegna del preventivo di tutte le attrezzature necessarie per l'esercizio della banca del seme.

Juno e Rebecca uscirono poco dopo la chiusura dell'oreficeria di Debora; lei e Giaele avevano più strada da fare di Juno e Rebecca, ma potevano percorrere una strada migliore, e così la loro auto arrivò al parcheggio convenuto, vicino all'ospedale, contemporaneamente al camper.

Le tre sorelle, ritrovandosi, manifestarono un entusiasmo superiore a quello di una combriccola di liceali in gita, e Juno, sentendosi di troppo, chiese in presito l'auto delle sorelle per andare a fare il giro delle librerie - c'era un'importante festa religiosa cattolica in città, e molti negozi, comprese le librerie, facevano apertura serale straordinaria.

Juno vide diversi libri interessanti, ma nessuno che valesse la pena comprare, e finì con il sedersi al bar a bere una gazosa insieme con un canonico della locale cattedrale.

Questi era rimasto senza soldi e non sapeva come pagare una birra, ma Juno ebbe pietà di lui e gli pagò il conto. Il canonico si presentò: "Piacere, Pietro".

"Piacere, Juno".

"Le piace la festa?", chiese il canonico, e Juno rispose: "È bello vedere tanta gente vivere la propria fede, padre".

Stella di Dorgali
"Lei è di Dorgali?"

"Eh? No. La stella a sei punte la porto perché sono ebrea".

"Come mai qui?"

"Sono ebrea per scelta. Sono originaria di un paese qui vicino. Ora abito in una cittadina sarda sul mare. Sono venuta qua perché domattina devo fare un interventino di chirurgia estetica, ed ho voluto approfittare dell'occasione per visitare la città e partecipare alla festa".

"Allora ci vediamo forse domattina, visto che sono anche il cappellano dell'ospedale. Auguri per l'intervento - e mi permetto di dirle di non attardarsi troppo".

Il canonico Pietro la salutò, e Juno si rese conto che era meglio tornare al camper.

Si era stupita di trovare un canonico trans-friendly, ma fu colta completamente di sorpresa quando entrò nel camper.

Credeva infatti di trovare Rebecca addormentata per il troppo piacere, ed invece la abbracciò, la baciò, e quasi la violentò.

Aveva passato una serata orgiastica con le sorelle, e per lei amare Juno era il coronamento del piacere - Juno si rese conto allora come mai Rebecca avesse bisogno sia di lei che di Debora e Giaele.

mercoledì 23 agosto 2017

Juno.00002.003 - Aspermer Syndrome Collection - 003


La riunione fu allargata ad Anna, visto che lei doveva cominciare il corso di "assistente sessuale", e la banca dello sperma non poteva iniziare la sua attività senza un "promotore finanziario" che convincesse i clienti a ... depositare i loro liquidi.

La riunione si aprì con Juno che annunciò a tutta la famiglia (e ad Anna) che aveva deciso di farsi un altro lipofilling, in tempo perché Rebecca potesse discutere la tesi.

"Guarda che la commissione di laurea guarderà soltanto me", disse Rebecca, "Non sperare che se io dico qualche sciocchezza, tu riesca a distrarli".

"Ma se ti presenti più felice perché la mogliettina ha fatto questo per te l'esame lo passi con voti più alti", rispose Juno.

Debora e Giaele risero, Anna si trovò a strabuzzare gli occhi. Già si sentiva turbata dalle mammelle di Juno (Anna aveva l'aspetto di una statua di Artemide cacciatrice - carina, ma con poche curve), e l'idea che crescessero ancora la eccitò tanto che dovette mettersi la borsa sul grembo.

Anna disse che voleva fare sia il Tirocinio Formativo Attivo che il corso di "Assistente sessuale" promosso da Lovegiver.it - quest'ultimo corso si sarebbe svolto nel weekend, e quindi sarebbe stato sovrapponibile al tirocinio per l'insegnamento.

"Cosa insegnerai?", chiese Debora, ed Anna rispose: "Il Simposio di Platone, per cominciare. Purtroppo non insegnano ebraico nei licei italiani, sebbene sia molto formativo".

"Non ti ostacolerà l'aver studiato 'assistenza sessuale'?"

"Non più di quanto abbia ostacolato altre persone l'essere trans".

"Riuscirai ad aver tempo per la banca dello sperma?", chiese Rebecca, ed Anna rispose: "Nei primi tempi non insegnerò per molte ore. Penso che convenga approfittare del corso e del Tirocinio per allestire i locali ed installare le attrezzature".

Rebecca chiese a Juno: "Che risorse finanziarie hai per questo progetto?"

"L'associazione 'Ebraismo Umanista Sardo' ora ha abbastanza soci per camminare con le sue gambe. Ho delle proprietà in Continente, potrei venderle e realizzare circa 150 mila Euro".

"Un po' scarsi", commentò Rebecca, "Cercheremo di farceli bastare".

Debora disse: "Non siamo mai riuscite a vendere il nostro vecchio laboratorio orafo. Pensi che si possa riadattare?"

Rebecca ci pensò un po' e disse: "Sì, tecnicamente è possibile, ma non costerà molto meno di un edificio nuovo".

"Però sarebbe bello poter dire che per un liquido prezioso si è usato un edificio che lavorava preziosi", osservò Juno.

"Questa mi piace", disse Rebecca, che chiese inoltre: "Chiamiamo dunque la banca dello sperma 'Aspermer Syndrome Collection'?"

Anna rispose: "Io userei un nomee più semplice: '127'"

"Cioè?"

"'127' è il salmo che dice: 'Se il SIGNORE non costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori'. Noi ci proponiamo come costruttori della famiglia ..."

"... ed in ebraico il verbo 'banah = costruire' ed il nome 'ben = figlio' hanno la medesima radice", osservò Juno, "Il semplice gioco di parole è stato attribuito a rav Hanina, vissuto nel 2° Secolo EV, che però lo applicava ad Isaia 54:13, 'Tutti i tuoi figli saranno discepoli del SIGNORE e grande sarà la pace dei tuoi figli'".

"Prendiamolo come nome provvisorio", disse Rebecca, "Non vorrei che il numero '127' facesse pensare ad una vecchia, ma affidabile automobile Fiat".

Debora disse: "Facciamo dunque questa banca dello sperma. La dividiamo in tre sezioni - MtF, Aspie, disabili in genere?"

"Sì", rispose Rebecca, "Se l'impresa cresce, dovremo dividerla, ma è inutile sovradimensionarsi già adesso".

"Quanto tempo ci vuole per ristrutturare il laboratorio?", chiese Debora, e Rebecca rispose: "Potrebbero bastare tre mesi. Però devo prima coinvolgere un ingegnere biomedico".

"Ne conosco una - una mia lontana cugina di nome Rosaria", rispose Juno, "provo a contattarla".

"Ottimo", disse Rebecca, "La riunione si aggiorna la settimana prossima, quando avremo tutti i preventivi di spesa e potremo decidere l'ordine dei lavori".

Dopo la discussione, si cenò tutte insieme volentieri, ma Rebecca notò che, mentre Juno guardava lei, Anna guardava Juno. Juno se ne accorgeva, ma, pur non ricambiando più di tanto, non cercava di scoraggiarla.

Dopo cena, Rebecca chiese a Juno: "Che pensi di fare con Anna?"

"Nulla. Lei è solo una valida collaboratrice".

"Ho visto che ti guardava".

"Mi sono accorta anch'io che va matta per le mie tette. Ma mezza città le guarda, e non te ne sei mai lamentata".

"Bisogna chiarire una cosa", disse in tono minaccioso Rebecca, al che Juno rispose: "Amore, sei tu la poli, ed io l'ho accettato. Sei gelosa di un rapporto che non ho alcuna intenzione di cominciare?"

Rebecca si rese conto di aver esagerato, e disse: "Juno, è vero, io ho contato finora sulla tua fedeltà sessuale, anche se da quel punto di vista ero infedele. In gergo, si dice che la nostra unione è aperta solo dalla mia parte. Ora scopro che potrebbe aprirsi anche dalla tua parte e devo adeguare i miei atteggiamenti".

"Mi basti tu. Il problema non si pone ancora", rispose Juno, ma Rebecca disse: "Sai che cosa temo? Che tu non abbia semplicemente un 'metamore' [amante supplementare, con il consenso del partner principale], ma che per lui distrugga la famiglia. Se vogliamo avere figli, devo essere sicura che i nostri metamori non distruggano il nostro rapporto".

"Rebecca, parliamoci chiaro per una volta", ribattè Juno, "i tuoi metamori sono le tue sorelle. Rispetto a loro, potrei dire che il metamore sono io. Però loro hanno avuto abbastanza tatto da non interferire nel nostro rapporto, pur continuando ad amarti anche sessualmente; mi vogliono bene anche se con me non farebbero nulla, e ci hanno molto aiutato, e pure stabilizzato. Che potrei chiedere di più dai metamori di mia moglie? Io non ho niente del genere, per cui ogni possibile storia che potrei avere con persone diverse da te può spaccare il rapporto. Finora non ne ho sentito il bisogno, ma se accadesse? Non potrei non farti notare che tu hai in abbondanza quello che temo tu vorresti negarmi del tutto".

"Forse ho sollevato il problema troppo presto", disse Rebecca, e Juno rispose: "Non si può ormai far finta di niente. Soprattutto se temi di non poter essere abbastanza serena per avere un figlio - od una figlia, se ha ragione Giaele che un maschio, invecchiando, aumenta la probabilità di concepire figlie femmine anziché figli maschi".

"Quando fai il lipofilling?"

"Dopodomani. Ci vogliono alcuni mesi perché il seno raggiunga la misura definitiva dopo un'operazione del genere. Allora potrò comprare dei reggiseni e degli abiti nuovi, ed accompagnarti alla discussione della tesi".

martedì 22 agosto 2017

Juno.00002.002 - Aspermer Syndrome Collection - 002


Qualche giorno dopo Juno tornò nello studio medico di Giaele.

“Parlo prima io, o parli prima tu?”, chiese Giaele, e Juno rispose: “Prima le cis”.

“Sono disposta a gestire le banche dello sperma che Anna propone di fare. Ma vorrei che fosse Rebecca ad occuparsi dei locali, delle attrezzature e dell’organizzazione”.

“Lei ha già ricordato che sta per diventare un’ingegnera idraulica, non biomedica. Potrà procurare i locali ed adeguarli alle esigenze di una banca del seme, ma bisognerà assumere un ingegnere biomedico per la scelta e la gestione delle attrezzature”.

“Bene. Se Rebecca ha risposto così vuol dire che ritiene il progetto fattibile, e lo approfondiremo insieme. Tu di che hai bisogno?”

“Sto mettendo pancia!”

“Tesoro, con la scusa che fai molta cultura e poco sport, e che la colazione te la fa Rebecca, il pranzo te lo fo io, la cena te la fa Debora, mangi più di quello che consumi! Dovresti metterti a dieta!”

“Sono golosa! Ed il grasso si accumula in pancia, purtroppo!”

“Perché non hai mai preso ormoni femminili, ed hai un assetto ormonale maschile”.

“E … se facessi un altro lipofilling?”

“Spostare il grasso dal ventre al seno? Si può fare, ma mettiamo anche delle stecche di balena sotto la pelle per impedire alle mammelle di cadere dal petto?”

“Veramente, mi piacerebbe potermi fare il ‘titfuck’ da sola. Se sono un po’ mosce come i fichi maturi, meglio”.

Giaele cadde dalla sedia dal gran ridere, e quando si rialzò disse: “Stai confermando la teoria dell''autoginefilia' di Harry Benjamin, molto avversata dalle organizzazioni trans. E credo che Rebecca ti vieterebbe questa pratica."

"Lei è poli ed io non sono gelosa. Con che faccia potrebbe vietarmi di fare l'amore con me stessa ogni tanto?"

"Hai ragione. Comunque, Juno, non devi per forza avere le tette più grandi della città. Non devi più ‘passare’ per forza. Sappiamo tutti che sei una donna”.

“A Rebecca l’idea di ingrandirmi il seno piacerebbe”.

“Lei ha la tua stessa ossessione. Ho dovuto rifiutarmi di prescriverle degli estrogeni. Le ho fatto notare che non val la pena rischiare un tumore mammario per migliorare l’estetica”.

“Io avrei un’idea per risolvere il problema, ma bisogna prima fondare la banca dello sperma”.

“Cioè?”

“Io e Rebecca diventiamo mamme insieme!”

Giaele aprì la bocca sbigottita, e dopo alcuni minuti disse a Juno: “È solo un’idea tua o ne avete già parlato?”

“Ci abbiamo pensato più volte, ma non seriamente. Ed infatti lei continua ad usare la spirale”.

“Non si fa un figlio solo per aumentare le proprie misure vitali. Ed una volta mamma, Rebecca penserà moltissimo al figlio. Ovviamente io e Debora impazziremo per il nostro nipotino e vi aiuteremo, ma Rebecca dovrà dare la priorità a lui e non a te. Spero che tu non ti senta trascurata”.

“Anch’io impazzirei per un figlio.”

“Od una figlia. Si è notato che la proporzione di spermatozoi con il cromosoma X aumenta con l’età di chi li produce”.

“Meglio ancora. La banca dello sperma servirebbe solo ad aumentare la probabilità di concepire”.

“Prima di ricorrere a mezzi artificiali, assicurati che quelli naturali a tua disposizione siano insufficienti. Ti renderai conto di quanto è faticoso ricorrere alla fecondazione assistita, dopo aver fondato la banca”.

“Ok. Prima però occorre che Rebecca si laurei e faccia l’esame di stato. Si prevede che depositerà la tesi in aprile, si laureerà in giugno, e farà l’esame di stato in novembre”.

“Dopodiché, via la spirale e farlo come se non ci fosse un domani?”

“Più o meno”.

“Juno, qui occorre fare una riunione di famiglia per pianificare tutte le cose che vogliamo fare – non la vostra riproduzione, ovviamente – altrimenti combiniamo un disastro”.

“Dopodomani sera?”

Giaele guardò l’agenda dei turni in ospedale, e rispose: “Per me va bene. Vediamo se sono d’accordo anche Rebecca e Debora”.

lunedì 21 agosto 2017

Juno.00002.001 - Aspermer Syndrome Collection - 001

[Inizio]

"O santo pisello!", strillò un giorno Juno precipitandosi da Giaele, che le chiese: "Che succede?"

"Anna ha avuto una di quelle idee che possono sprofondare l'isola fino all'inferno o farla salire su fino in paradiso!"

"Spiegati".

"Vuole fondare una banca dello sperma riservata alle trans MtF".

"Tutte le banche dello sperma ordinarie congelano lo sperma delle donne trans MtF che intendono iniziare la transizione".

"Già, ma di solito lo raccolgono prima della TOS [Terapia Ormonale Sostitutiva]. Anna vuole crearne una per raccogliere lo sperma di minor qualità che una trans può produrre durante una sospensione della TOS".

"Come hai detto tu stesso, è sperma di minor qualità. Ma ci sono donne trans che hanno fecondato (senza volerlo) donne cis anche senza sospendere la TOS. La proposta è ragionevole, anche se i risultati sono meno buoni che a pensarci per tempo, prima della TOS".

"E fin qui la capisco. Poi ha letto che Richard Branson, nel 2017, aveva annunciato la nascita di una banca dello sperma dedicata alle persone dislessiche ..."

"Era stata una divertente trovata pubblicitaria, anche se ha avuto il merito di proporre la dislessia come diversità e non come disabilità".

"... ed ha proposto la creazione di una banca dello sperma dedicata alle persone Asperger!"

Giaele scoppiò a ridere e disse a Juno: "Tesoro, eri una bambina facile da piccola?"

"Per niente".

"Neanche noi tre sorelle. Scegliere deliberatamente di avere un figlio Aspie richiede un masochismo superiore alla media delle mamme".

"Però l'idea è quella di promuovere la neurodiversità e mostrare che noi Aspie siamo persone preziose".

"Può essere anche una buona idea, ma temo che avrete molti depositanti e poche prelevanti".

"Anna ha trovato anche il nome della banca dello sperma: Aspermer Syndrome Collection".

"Bel gioco di parole. Ma come mai sei ancora sconvolta?"

"Hai sentito parlare dell'assistenza sessuale per i disabili?"

"Certo!"

"Anna vuole una banca dello sperma anche per loro! La chiamerebbe Mitbonim, parola ebraica che lascerebbe intendere che avere figli da questa banca sarebbe un'esperienza trasformativa!"

Giaele sorrise e disse: "Generare un figlio cambia una persona, anche se è l'ennesimo di tanti. Ma è abbastanza difficile pensare che ci siano donne che vogliono rischiare di avere un figlio con disabilità a componente genetica!"

"Sarebbe però la cosa più antinazista che uno può fare nella vita: anziché sterminare le vite prive di valore, oppure trattarle da nemiche del genere umano, ne tramanda i geni. Quest'ossessione nazista per la soppressione dei geni nefasti passò dai disabili agli ebrei - anche se l'antisemitismo nazista aveva altre motivazioni, per i nazisti ebreo era chi aveva un nonno ebreo, qualunque fosse la sua affiliazione religiosa od identità etnica, ed alla fine decisero di risolvere i due problemi allo stesso modo".

"Non sono così antinazista. Ritengo giustificata la perplessità di chi non vuole un figlio con disabilità".

"E non sai che cosa mi ha sconvolto di più!"

"Che cosa?"

"Che Anna non solo vuol fare il corso di assistente sessuale disabili, ma vuole anche impegnarsi nella raccolta della materia prima!"

"E dove la conserva?"

"Mi ha chiesto appunto di aiutarla a trovare un locale adatto ed a procurarle le attrezzature. Per fortuna nel 2014 la Corte Costituzionale ha autorizzato la fecondazione eterologa, quindi l'iniziativa non sarebbe più clandestina".

"Ci vuole un medico per tutto questo".

"Potresti essere tu", osservò Juno, e Giaele rispose: "Ci penserò".

domenica 20 agosto 2017

Juno.00001.005 - Transizione - 005


La biblioteca di "Ebraismo Umanista Sardo" continuava ad arricchirsi, ed un giorno giunse una studentessa di nome Anna per studiarvi e scrivere una tesina su quest'associazione.

Fu accolta molto volentieri, ma Giaele un giorno prese da parte Juno e le chiese:

"Ti sei accorta che Anna è transgender?"

"Certo. Ha il doppio libretto rilasciato dalla sua università. Ci siamo messe d'accordo di non dirlo in giro".

"È giovane, passa molto bene, e la sua ambizione è una vita 'stealth' [in cui nessuno si accorga che è trans]. Me ne sono accorta perché prima della transizione era una mia paziente".

"Abitava qui?"

"Sì. L'università le ha permesso di lasciare quello che fino a qualche anno fa era un ambiente fortemente transfobico, e di adeguare il suo corpo alla sua anima".

Anna era una brava studiosa, e sviluppò perfino un sistema di catalogazione per soggetti adatto ad una biblioteca ebraico-LGBTQIA+ che fu presentato in pubblico al Centro Ebraico Italiano Il Pitigliani di Roma, e le guadagnò dei CFU supplementari.

"Che pensi di fare dopo la laurea?", chiese Juno, ed Anna rispose: "Il TFA [Tirocinio Formativo Attivo] per insegnare alle superiori. Troppo faticoso tentare la carriera accademica, ed inoltre i miei genitori vorrebbero un impiego vicino a casa".

"Eh, sì, qui abbiamo un liceo, e ne abbiamo anche nelle città vicine. I migliori auguri".

Nel frattempo, il tribunale di Macomer (sezione staccata di quello di Oristano) aveva sentenziato la transizione di Leonida in Juno, e Juno e Rebecca avevano deciso di contrarre l'unione civile.

Ma prima di fare le pubblicazioni Juno volle chiedere a Rebecca: "Le unioni civili di questo paese del menga (scusa il lombardismo) non esigono la fedeltà. Vuoi approfittarne?"

"La fedeltà non è solo sessuale - è il poter contare l'uno sull'altro. Corrisponde in questo caso al latino 'fides', al greco 'pistis', e pure all'ebraico 'emunah', grossolanamente tradotto spesso come 'fede religiosa'. Questo tipo di fedeltà te lo prometto".

"E quello sessuale no, vero?"

"Beh, a me piacciono solo le donne. Se mi trovassi incinta, mi farei fare il test del DNA, ma è garantito che saresti tu il padre biologico".

"Però è curioso", osservò Juno, "Non passiamo molto tempo separati, non sembra che tu frequenti uomini che non siano tuoi clienti, e non hai amiche donne. Ti dichiari poliamorosa, ma non capisco con chi hai potuto continuare a praticare questo poliamore mentre frequentavi me".

Rebecca capì che doveva dirglielo, e glielo disse in un oreccchio.

"Davvero?", chiese stupita Juno, e Rebecca confermò: "Non c'è altra possibilità. Se non vuoi unirti a me, ti capirò".

"Non provo scandalo. Ti amo e ti impalmerò".

Per tradizione ebraica gli sposi offrono un banchetto anche ai poveri, e per questo contattarono la Caritas diocesana - questa declinò l'invito (farsi coinvolgere in un'unione civile con una persona trans era pretendere troppo), ma consigliò di rivolgersi invece al locale Comitato della Croce Rossa, ideologicamente più friendly, e non meno impegnata ad assistere i migranti ed i poveri.

Il "festschrift" [opuscolo commemorativo] sul significato del matrimonio che molte coppie ebree commissionano in occasione delle loro nozze fu redatto da Anna - purtroppo, dovette essere stampato e rilegato in copisteria, perché l'editore ebraico italiano più gettonato per queste cose, Belforte di Livorno, aveva una politica editoriale omo-bi-transfobica, ed Anna aveva spiegato tutte le trasformazioni dell'istituto del matrimonio ebraico dalla Bibbia alle moderne sinagoghe LGBTQIA+ americane.

[Fine]

sabato 19 agosto 2017

Juno.00001.004 - Transizione - 004


Il rapporto tra Juno e Rebecca, da amichevole che era ridivenne amoroso, e con l'aiuto di Lucia, dell'ARCI di Nuoro, fu redatto lo statuto del Circolo "Ebraismo Umanista Sardo", configurato come Associazione di Promozione Sociale affiliata all'ARCI.

Il circolo fu registrato all'Agenzia delle Entrate di Nuoro la vigilia della Pasqua ebraica, quando secondo il mito il popolo ebraico si costituì in nazione, ed aveva come presidente Juno, vicepresidente Rebecca, tesoriera e segretaria Debora, consigliere Giaele e Giovanna (la luogotenente dei Carabinieri della città - lei si riservava però di lasciare la carica non appena si fosse trovato un sostituto).

Il comune concesse la biblioteca civica per la presentazione del Circolo, e si presentò un pubblico numeroso che fece tante domande, che si potevano ricondurre a tre argomenti.

Sul primo argomento, Juno ripetè quello che aveva detto a cena a Rebecca, Debora e Giaele: essere ebrei umanisti voleva dire far propria una cultura e voler aderire ad un popolo, non affiliarsi ad una religione - ed il circolo accettava volentieri chiunque fosse interessato alla cultura ed alla storia ebraica, indipendentemente dalla sua identità culturale ed etnica.

Sul conflitto israelo-palestinese, Juno disse che la sua opinione era che israeliani e palestinesi dovessero accettare la spartizione di Eretz Yisrael/Filastin, e per questo dovessero mettersi a trattare seriamente - i dettagli della spartizione li avrebbero discussi i diretti interessati.

Sulle questioni LGBTQIA+, Juno dovette ricordare quello che dice Ezechiele 16:49 - ovvero che Sodoma fu punita per la sua spietatezza con i poveri e gli stranieri, e che perfino il fondatore del cristianesimo era d'accordo, a leggere Matteo 10:1-15 e Luca 10:1-12.

Gli unici brani del Primo Testamento che affrontano inequivocabilmente l'argomento sono Levitico 18:22 e Levitico 20:13, che condannano però soltanto i rapporti anali tra uomini, in quanto cose indegne del popolo santo di Dio. Il rapporto tra Davide e Gionata (1 Samuele 18:1-4) era una storia d'amore, non solo una grande amicizia, su cui l'autore biblico non ha le parole di condanna che riserva invece all'episodio di Davide e Betsabea (2 Samuele 11-12); e pure il rapporto tra il "pais = ragazzo" ed il centurione (Matteo 8:5-13 e Luca 7:1-10) non viene condannato né dagli ebrei contemporanei di Gesù, né da lui stesso, anche se l'insolita benevolenza di un romano verso il proprio giovane schiavo era più che sospetta.

Ci fu chi evocò Genesi 1:27, "Maschio e femmina Dio li creò", e Juno rispose: "Lei mi invita a nozze. Le rispondo nel modo più semplice: se lei rilegge Genesi 1, scopre che Dio creò gli animali acquatici il quinto giorno (Genesi 1:20-23), e gli animali terrestri, uomo compreso, il sesto giorno (Genesi 1:24-31). Quando creò Iddio allora le rane, che sono animali anfibi, quindi sia acquatici che terrestri? Genesi 1 non ce lo dice, e non perché l'autore biblico ignorasse le rane: sono la seconda piaga d'Egitto (Esodo 8:1-16 - cfr. Salmo 77:45 e Salmo 104:30). L'unico modo per non accusare l'autore biblico di aver commesso un errore inescusabile è ammettere che egli non volesse redigere una classificazione completa degli esseri viventi. Anche per la frase: "Maschio e femmina Dio li creò" vale il medesimo ragionamento: il fatto che si parli lì solo di maschi e femmine non vuol dire che non esistano altri generi umani - allo stesso modo in cui il fatto che lì si parli solo di animali acquatici e terrestri non vuol dire che non esistano le rane".

L'osservazione fece ridere la sala, e Juno fu invitato a parlare della sua vita come donna trans; egli preferì non dire molto, ma annunciò che la sua avvocata stava istruendo la pratica per la rettificazione anagrafica del sesso.

Era ormai notorio in città che Juno e Rebecca stavano insieme, e questo diede il destro ad un prete cattolico della città di attaccare Juno in un sermone pronunciato in occasione del matrimonio di due giovani che avevano tanto amore e poco denaro, ma avevano deciso di formare comunque una famiglia, pur potendo invitare alle loro nozze solo il "minimo sindacale" sardo: 300 persone!

Juno incaricò Itria di querelare quel prete (cosa possibile perché lei era sbattezzata), dacché era stata ritenuta particolarmente infamante questa frase: "Beati voi che avete il coraggio di sposarvi e condividere le vostre responsabilità, al contrario di un 'istrangiu = persona di altro paese', che ci sta mostrando di che valori culturali e religiosi si fa portavoce facendo domanda di rettificazione di sesso per avere il pretesto di negare alla propria fidanzata la pienezza dei diritti del matrimonio!"

Itria raccolse un lungo dossier su Juno, quando si faceva ancora chiamare Leonida, e di come egli avesse sempre agito, con la parola e l'azione, per il matrimonio egualitario. Egli avrebbe voluto offrire alla sua nuova moglie gli stessi diritti, da Leonida o Juno, ma la legge italiana, anche per le pressioni della chiesa cattolica, glielo vietava.

Era dunque particolarmente odioso che un suo esponente ufficiale dell'ente che aveva messo Juno nell'impossibilità di sposare colei che amava desse a lei la colpa di questo.

Il vescovo si dovette inoltre schierare contro il prete, in quanto per la chiesa cattolica il transessualismo è una malattia che rende inetti al matrimonio cattolico, e quindi non aveva senso che il prete pretendesse che Juno mantenesse il nome Leonida per sposare Rebecca con tutti i crismi: se si fossero sposati in chiesa, il matrimonio sarebbe stato nullo.

Questo era quello che spaventava di più gli avvocati del vescovo, che si resero conto che gli insulti del prete erano gratuiti ed insensati, perché rimproverava Juno di fare proprio la cosa che la chiesa avrebbe raccomandato in quella situazione - qualsiasi cosa, ma non il matrimonio.

Proposero perciò a nome del vescovo di chiudere la causa senza clamore. Juno avrebbe voluto poter riempire la cattedrale di ranocchie come condizione per accettare le scuse del vescovo, ma Itria la convinse invece a chiedere l'acquisto dell'edizione Steinsaltz del Talmud (testo originale a fronte, con traduzione e commenti in inglese) - considerato che nel Medioevo il Talmud fu messo più volte al rogo su richiesta proprio della chiesa cattolica, questa richiesta era un magnifico contrappasso.

Arrivati i volumi, Juno aprì la biblioteca dell'associazione anche ai seminaristi cattolici, che però non trovavano da leggere solo le Miqraot Gedolot [edizioni ebraiche commentate della Bibbia], il Talmud, il Midrash, ed i commentatori delle successive generazioni, ma anche diversi autori ebrei LGBT o pro LGBT, da Magnus Hirschfeld a Daniel Boyarin, passando per Mario Mieli e Judith Butler.

venerdì 18 agosto 2017

Juno.00001.003 - Transizione - 003


Il mattino dopo Giaele nel suo studio ricevette la più strana delle telefonate - da Juno.

Ella disse: "Giaele, dovrei comprarmi il mio primo reggiseno e non ho idea di che taglia prendere. Qualche giorno fa mi hai misurato dappertutto, e penso che tu mi possa dire la taglia giusta".

Giaele rise sotto i baffi e disse: "Juno, ti capisco, ma non è il compito di un medico. Una ragazza cis di solito per questa cerimonia d'iniziazione si fa consigliare ed accompagnare dalla mamma. Chi può farne le veci nel tuo caso?"

Rebecca lesse le misure del corpo di Juno che aveva preso Giaele e le disse: "Ci sono dei siti web che aiutano a trovare la taglia giusta, partendo da queste misure, ma credo che sia meglio andare in negozio e provare. Non c'è bisogno di spogliarsi e mettere i reggiseni sulla pelle - con un po' di pratica si impara a provarli sopra i vestiti ed a sottrarre i centimetri o le lettere in più".

Juno mise una camicia meno trasparente della sera prima, ed insieme con Rebecca fece il giro delle mercerie della città. Con stupore scoprirono che le grandi marche di intimo trascuravano le grandi taglie, e gli unici negozi che vendevano i capi adatti erano quelli dei cinesi. Essi avevano imparato fin dai tempi delle ossa oracolari che per commerciare occorre sapersi fare i fatti propri, ed aiutarono volentieri Juno a crearsi il suo corredo di biancheria intima.

Dopo lo shopping Juno volle invitare Rebecca a pranzo; la padrona del ristorante conosceva quest'ultima e le disse: "Ti fidanzi e non me lo dici?"

"Pina, siamo solo amiche", rispose Rebecca, ma Pina insistette: "Eh no: mentre voi passavate da un negozio di intimo all'altro io andavo a far la spesa per il mio ristorante e vi ho visto! Quand'è che celebrate la prima unione civile della città?"

"Forse celebreremo addirittura un matrimonio", disse Juno mostrando a Pina la carta di credito - sulla quale era scritto "Leonida" - per pagare il conto.

"Questa poi!", disse Pina dopo aver guardato la carta; poi lei si chinò in avanti per porre la bocca tra le orecchie delle due e disse: "Rebecca, non importa se ti sei presa un uomo o una donna, od una combinazione dei due. Se siete felici, sono felice con voi!"

Quasi piansero i due per la commozione, ed una volta uscite, Juno disse: "Brava! Hai lavorato bene negli anni in cui ti sei dichiarata lesbica ed hai lottato per farti accettare!"

"Già. Ed ora vedendoti insieme con me sarà più facile per loro accettarti come donna", rispose Rebecca, "Soltanto Pina è tanto pignola da guardare il nome sulle carte di credito, e ti ha accettato lo stesso".

L'avvocata Itria ne fu contentissima: "Brava, è stato un colpo da maestro. Continua così".

Anche Assunta apprezzò l'evento e disse: "Cerca anche altre amicizie, non fare il rapporto simbiotico con Rebecca, anche se è una cosa difficile per chi ha la Sindrome di Asperger. Più amicizie hai, più stabile è il tuo equilibrio psichico, e più facile verificare se passi e se gli archetipi che si esprimono in te ti fanno entrare positivamente in rapporto con gli altri".

Juno.00001.002 - Transizione - 002


Giaele aveva anche uno studio medico privato, e lì ricevette Juno. Le chiese: "Vuoi anche una visita medica generale, oppure mi limito a prendere le misure per i gioielli?"

"Facciamo tutto", rispose Juno, e Giaele le fece una visita completa, concludendo: "Buona salute in rapporto all'età. Forse devi cambiarti gli occhiali. Hai mai preso ormoni femminili?"

"No. Il mio seno è opera del chirurgo".

"Forse hai fatto meglio di chi prende invece gli ormoni, perché gli estrogeni non difendono le ossa dall'osteoporosi come il testosterone. Intendi sottoporti a riassegnazione chirurgica del sesso?"

"No. Ho sentito storie orribili, e non voglio rischiare".

"Toh, sono d'accordo anche in questo. Rebecca mi aveva detto che volevi femminilizzarti il viso".

"Non è deciso ancora", rispose Juno, e Giaele disse: "È meno rischiosa dell'altra, comunque".

Giaele consegnò a Juno copia delle sue misure vitali, e gli disse: "Ho saputo che tu e Rebecca vi siete lasciati".

"Vogliamo cose diverse da una relazione amorosa. Tutto qui".

"Ha sofferto un po' per il tuo no, anche se ha cercato di nasconderlo".

"Siamo comunque amici. Se lei vuole parlarmi può farlo".

"Un'occasione ci sarebbe ..."

"Cioè?"

"Debora questi gioielli preferisce consegnarli a casa nostra, perché in negozio manca la privacy. Vuoi che ci sia anche Rebecca oppure le diciamo di trovarsi un impegno?"

"Può esserci".

"Bene", disse Giaele, che poi tirò fuori un catalogo da un cassetto e lo mostrò a Juno dicendo: "Questi sono i gioielli erotici che fa Debora. Dovresti scegliere il tipo che preferisci - ed eventualmente indicare come personalizzarlo. Copia delle misure gliela do io".

Bottoni da costume sardo muliebre.
Juno scelse due piccoli imbuti di filigrana d'oro che coprivano le areole e stringevano (un po') i capezzoli titillandoli - gli intenditori avrebbero detto che somigliavano alla parte conica dei bottoni a forma di mammelle dei costumi sardi da donna; Giaele disse: "Togliteli prima di andare a letto, e lavali con il bagnoschiuma, ed uno spazzolino da denti. Se provocano irritazioni, vieni subito da me. Un seno come il tuo è molto più vulnerabile del mio".

Tre sere dopo, Juno suonò a casa delle tre sorelle per pagare e ritirare i gioielli. Trovò anche Rebecca, a cui diede un bacino sulla guancia, ed aprì il cofanetto dei copriareole.

Così si portano sulla camicia.
I gioielli erano splendidi, Debora mise davanti a Juno uno specchio, e lei si pavoneggiò mettendo i copriareole sopra la camicia; Rebecca sorrideva raggiante verso Juno, che sentì l'impulso di poggiarli sulla maglia di lei, ma Rebecca, quando Juno le avvicinò i gioielli, rise e disse: "Lo sai che non sono della mia misura!"

Giaele, soddisfatta perché un minimo di feeling si stava ristabilendo tra loro, disse: "Juno, dovresti provarli. Devono essere della misura giusta e stuzzicare nel modo giusto senza far male".

"C'è uno stanzino lì con uno specchio", indicò Debora, ma Juno e Rebecca si guardarono intensamente, e decisero di fare a meno dello stanzino. Rebecca aprì la camicia di Juno (le altre due sorelle cercavano di mantenere un contegno professionale), e Juno pose i copriareole sui capezzoli. Si guardò soddisfatta allo specchio, mentre Rebecca era entusiasta, e Debora e Giaele professionalmente sentenziarono che stavano a pennello.

Debora chiese, mentre Juno si chiudeva la camicia: "Vuoi cenare con noi stasera?", e Giaele disse a Juno, quasi sussurrando: "Anche a Rebecca piacciono questi gioielli".

Rebecca colse l'invito e si sbottonò la camicia, mostrando a Juno dei copriareole adatti per il suo corpo, di cui Juno si complimentò prima di riabbottonarle la camicia - è pericoloso mangiare cibi caldi a seno scoperto!

La cena fu deliziosa, e Debora chiese a Juno: "Hai preparato dépliants, opuscoli, QR Codes per un sito web della tua sinagoga umanistica?"

"Non ancora".

"Vedi", disse Giaele, "L'idea ci interessa, anche se non vogliamo diventare ebree, e se tu ci prepari del materiale, io lo metto nella sala d'attesa del mio studio medico, Debora in oreficeria, Rebecca in vetrina insieme con gli annunci immobiliari ..."

"Inoltre", disse Rebecca, "in questa cittadina non mancano le associazioni culturali. Noi ne frequentiamo alcune, tu ne frequenti altre, e distribuiamo il materiale anche a loro".

"Ottima idea. Mi metto domattina all'opera. Uno dei vantaggi dell'essere in pensione è questo", rispose Juno.

Al momento di uscire Juno diede un'occhiata languida a Rebecca, che però la toccò col dito sulla punta del naso e le disse:

"Sto diventando monogama. Mi devi meritare. Non stasera".

"Passo nel tuo ufficio quando il materiale è pronto, allora", disse Juno cercando di contenere il disappunto, "Fra qualche giorno, dunque".

"Ti aspetto", rispose Rebecca, e Juno si avviò verso casa.

Una notifica Facebook illuminò il display dello smartphone di Juno, e quando lo avvicinò al seno mentre lo faceva passare dalla tasca dei pantaloni al viso, si rese conto che la camicia di lino bianco che indossava era alquanto trasparente, ed alla luce del display brillavano i copriareole d'oro.

"Devo comprarmi un reggiseno coprente domani", si disse Juno, "non vorrei che un rapinatore ricorresse al coltello per strapparmeli, se li vede".

giovedì 17 agosto 2017

Juno.00001.001 - Transizione - 001

[Inizio]

Leonida comunicò infine a Rebecca che per lui avere un rapporto sentimentale era più importante che avere rapporti sessuali, e che non se la sentiva di dividere la sua partner con altre persone.

Perciò il loro passato comune finiva tra i ricordi, ed il loro futuro comune poteva essere solo amicale.

A Rebecca questo dispiacque, ma anche lei aveva capito che non c’era altro da fare.

Leonida le comunicò che desiderava transizionare, che aveva scelto come nome femminile “Juno”, e le chiedeva il nome di un avvocato per patrocinarlo nella transizione.

Rebecca rispose che non conosceva in città avvocati esperti di queste cose, ma la sua avvocata sarebbe stata felice di consigliare un collega adatto.

“Serve forse anche uno psicologo?”, chiese Rebecca, e Leonida rispose: “La legge lo impone”.

Nel pomeriggio Rebecca diede a Leonida ambo i nomi e gli chiese: “D’ora in poi devo chiamarti Juno e considerarti una donna in tutto e per tutto?”

“Si. Ti ringrazio per avermi aiutato molto a stabilirmi in questa bella città. Ho appena presentato domanda di cambio di residenza”.

“Fondamentale per godere dei benefici fiscali per l’acquisto della prima casa. Sono contenta di esserti stata utile”.

L’avvocata Itria aveva lo studio a Macomer, e quando ricevette Juno le disse:

“Il suo problema è provare che lei vive come una donna e tutti la riconoscono come tale. Ma se lei si è appena stabilita in Sardegna, ed in Continente lei viveva da uomo, questa prova non c’è ancora. Lei la deve creare. Il suo aspetto la aiuta molto, ma lei deve insistere, ogni volta che incontra qualcuno, che lei è una donna a dispetto dei documenti”.

“Devo anche truccarmi, vestirmi in modo seducente, ecc.?”

“No. Lei deve fare quello che le piace, non quello che gli altri si aspettano da lei. Neanch’io che sono una donna cis ritengo doveroso appagare lo sguardo maschile. Ricordi che se lei transiziona, lo fa per sentirsi meglio”.

“E per la psicologa?”

“Assunta è molto brava. Serve anche una sua perizia favorevole”.

Assunta disse ad Juno:

“Sono una psicologa archetipica, ed il suo caso mi pare sospetto. La Sindrome di Asperger fa questi scherzi, ovvero rende molte persone che ce l’hanno non-binarie, e devo essere sicura che transizionare sia la cosa migliore per lei. Più preoccupante per me è che temo ci troviamo di fronte all’irruzione di un archetipo. Transizionare gioverebbe all’archetipo, ma non al suo Sé, che è quello che devo tutelare”.

“Lei mi sta dicendo che sono psicotica?”

“No. L’esame di realtà è intatto. Ciò non toglie che chi è vittima di queste irruzioni interpreti se stesso e la realtà che la circonda in modo che giova all’archetipo, e non a sé. La perizia medica favorevole, se ci sarà, aspetterà il tempo che noi risolviamo insieme questo dubbio”.

“Che archetipo secondo lei mi possiede?”

“Giunone. Una delle versioni della Grande Madre. Forse insieme con Artemide, visto quello che mi ha raccontato della sua storia con Rebecca”.

“Cosa ne pensa?”

“Gli archetipi influenzano anche i rapporti degli altri verso di noi. Rebecca si è comportata come una ninfa del corteo di Artemide, che ha amato la sua signora, anche se in forma maschile”.

“Del resto, Giove, per sedurre una di queste ninfe, Callisto, si trasformò in Artemide”.

“Interessante osservazione. Del resto, Giove e Giunone sono fratello e sorella, si somigliano di più di una normale coppia di sposi. Anche se la storia delle religioni ci insegna che sono divinità nate separatamente, potremmo chiederci se un archetipo non sia la versione controsessuale dell’altro – con Giove che fa un lavoro ‘sporco’ (la seduzione) e Giunone un altro (il punire colei che ha perso la sua virtù)”.

La seduta, illuminata dalla menzione che Juno aveva fatto di Callisto, terminò meglio di come era iniziata, ma alcuni giorni dopo Juno volle farsi confermare da Rebecca che aveva avuto il ciclo – per fortuna di entrambi, sì.

Juno non amava truccarsi, ma amava i vestiti colorati e … i gioielli. Debora doveva ricordarle di non portarne troppi addosso, e che con tutti i gioielli che aveva comprato, le conveniva tenere in una cassetta di sicurezza quelli che non indossava, altrimenti rischiava che i ladri le irrompessero in casa.

Un giorno Juno mostrò a Debora delle foto di gioielli erotici tratte dal web, e Debora disse: “Li facciamo anche noi, anche se non li mettiamo certo in vetrina. Che gioielli vorresti?”

“Qualcosa che copra, evidenzi e stimoli capezzoli ed areole”.

“Ti faccio prendere le misure da Giaele, scegliere un tipo e poi te li faccio”.

49069NU.00002.004 - Il cliente genderqueer - 004


Rebecca e Leonida, da quel giorno per dieci giorni di seguito, provarono anche la "bedworthiness" delle case in vendita in città che rispettavano i requisiti di Leonida. La loro fortuna era che non erano stabilmente abitate, e quando Rebecca portava Leonida a vederle, erano vuote. Leonida portava delle lenzuola pulite nel suo zaino, che alla fine venivano messe nello zaino di Rebecca, e portate in una lavanderia a gettone per ritornare immacolate!

Le case da visitare erano tante, e pur facendo gli straordinari, ci vollero appunto dieci giorni per provarle tutte. Nessuna però eguagliò i pregi della casa a mezzacosta, con una sola strada carrozzabile che la raggiungeva, e circondata da vicoli in cui Leonida non ci passava - la casa Rebecca in cui aveva mandato ad abitare Leonida dopo lo sfratto da Antonia.

Leonida poteva pagare la casa e la ristrutturazione senza bisogno di un mutuo, la pignola venditrice si era da tempo assicurata che le carte fossero a posto, ed in due giorni il notaio potè rogare l'atto di compravendita, e registrarlo il terzo. Rebecca aveva predisposto un progetto di ristrutturazione, e predispose la domanda di cambio di destinazione d'uso per la parte dell'edificio che doveva essere dedicata ad attività culturali.

Leonida approvò il progetto, ma bocciò la domanda del cambio di destinazione d'uso.

"Perché? Se fai una riunione ogni tanto in casa va bene, ma se diventa una cosa abituale, devi creare un'associazione di promozione sociale (una congregazione religiosa richiederebbe tante carte da farti pentire di essere nato) a cui affidare questo ed altri beni necessari per la sua missione".

"Non è solo il fatto che prima è meglio trovare le persone, e poi costituire l'associazione. La domanda presuppone che io rimanga scapolo, ed abbia bisogno di soli 28 mq per vivere. E se ci mettessimo invece insieme?"

Rebecca trattenne un attimo il fiato. Sapeva che il problema si sarebbe posto, e sapeva che non poteva risolverlo. Gli chiese: "Vuoi che continuiamo a frequentarci come adesso, o vuoi che viviamo insieme?"

"Che viviamo insieme".

"Non me la sento. La mia casa, il mio ufficio di agente immobiliare, lo studio ingegneristico che sto allestendo, sono le basi della mia indipendenza".

"Sono cose che dividi con le tue sorelle".

"Nella mia camera, nel mio ufficio e nel mio studio loro non entrano - tengono le chiavi solo per il caso di emergenza".

"Trovo l'amore e devo vivere solo?"

"Da quando hai divorziato?"

"Tre mesi".

"Troppo pochi per riprendere una convivenza. Non vorrei che tu ti fossi sposato per sfuggire alla solitudine, e non abbia ancora imparato la lezione".

"Non dire a me che non so vivere in solitudine. Mi sono sposato assai tardi, e tu non hai mai lasciato le tue sorelle!"

"Beviamo un bicchier d'acqua, ci calmiamo e riprendiamo a discutere?", chiese Rebecca, per non rischiare un'escalation.

Leonida accettò, e dopo la pausa Rebecca disse: "Mi spiace, ma sono stata più volte avvertita che cominciare subito a convivere, come vorresti tu, può compromettere seriamente un rapporto. Inoltre, il trasloco mi distrarrebbe dagli studi, ed ora devo completare la tesi magistrale. Direi di riparlarne dopo la laurea magistrale. Inoltre, sono stata già contattata da Abbanoa [l'ente che gestisce le acque in Sardegna] per un bel lavoro dopo la laurea, ed a quel punto sarò spesso via per lavoro. Dovremo ridurre la frequenza dei nostri 'incontri'. Ci siamo 'divertiti' tanto in questi giorni, ma nessuna coppia riuscirebbe a continuare a lungo a questo ritmo. Mi dispiace ancora".

"Su di te non posso contare, insomma", e Rebecca rispose: "Per l'amore sì, per rimediare alla solitudine no. La solitudine non dipende dall'amore che ci viene offerto - è un sentimento che nasce da noi stessi. Ho conosciuto gente che aveva una bella famiglia, tante occasioni e tanti spasimanti, ma si sentiva comunque sola".

"Sapevi il perché?", chiese Leonida, e Rebecca rispose: "Quello che ho capito di loro, è che la solitudine è stata la loro trappola. Per sfuggirle, si sono sposati con persone che li amavano, ma che non erano capaci di farli contenti. Forse pretendevano troppo da loro, e forse chi li ha sposati non si è reso conto di ciò che i loro coniugi esigevano da loro".

"Cattiva comunicazione", osservò Leonida, e Rebecca disse: "O troppa fretta. Mio padre ci ha messo due anni a convincere mia madre a fidanzarsi con lui, e loro si sono sposati dopo altri sette. Certo, hanno poi dovuto ricorrere alla FIVET, ma mio padre non si sentiva solo come te".

"Mi stai patologizzando", disse Leonida, cercando di non dare l'impressione di essere arrabbiato.

"Alla tua felicità manca un elemento che non posso fornirti io. Forse la Sindrome di Asperger ti ha fatto passare una catastrofica infanzia (io ho avuto la fortuna che con due sorelle coetanee Aspie, avevo sempre chi mi sosteneva emotivamente, ed anche i miei genitori, pur neurotipici, hanno sempre fatto tanto per noi), in cui ti sei sentito indegno e non amabile - perché neurodivergente. Non posso risarcirti di quello che ti è mancato. Forse ci ha provato la moglie che hai lasciato, e non le è andata bene".

"Ho divorziato quando ho capito che il mio matrimonio era stato contratto per equivoco, ed avevo raggiunto la consapevolezza dell'incolmabilità di questa lacuna. Non mi stai dicendo cose che non so. Ti informo che non sei tenuta a farmi stare meglio, ma mi stai facendo sentire peggio".

"Il problema non è solo tuo", disse Rebecca, "La verità è che io sono una 'poliamorosa solista' - ho rapporti con più persone, ma non voglio far coppia con nessuna di loro, e voglio continuare a frequentarle. C'è stata una manchevolezza etica, perché ti ho rimorchiato senza dirtelo - ma gli altri miei partner me ne avevano dato licenza, ed in quel momento non sembrava importante dirtelo. Non immaginavo che da un incontro di una sera in due settimane si sarebbe passati a discutere se diventare una coppia o no".

"In effetti, era congetturabile che tu non fossi monogama, visto che tu eri venuta a letto con me la sera stessa in cui mi avevi conosciuto - una persona monogama avrebbe aspettato un po'. Non hai parlato, ma il messaggio era chiaro. Non devi accusarti di violazione dell'etica poliamorosa. Però, ora che tu mi hai rimesso al mio posto, ed hai dichiarato che sono inadatto ad una relazione impegnativa ..."

"Non è vero!"

"Mi hai detto che mi manca quello che viene chiamata 'la base sicura', e che pertanto i miei attaccamenti sono insicuri; ed hai apprezzato il mio amore finché è rimasto separato dall'attaccamento - quando l'ho messo sul piatto, hai detto di voler uscire dal gioco, perché era un danno, non un guadagno. Quello che ho imparato sul poliamore mi fa pensare che la sua ambizione sia separare l'amore dall'attaccamento - cosa possibile in una società opulenta in cui è possibile sopravvivere con legami erotici e labili anziché con legami affettivi e solidi. Tutti obbiettivi leciti, purché perseguiti con consapevolezza ed onestà".

"Dissento. Ci sono poliamorosi che fanno come dici tu, altri che affiancano ad una relazione primaria con attaccamento relazioni secondarie senza attaccamento, ed altri ancora che riescono ad avere attaccamenti multipli (ma non necessariamente di pari rango) che la tua teoria non prevede. Devi imparare di più. Cosa volevi dire quando ti ho interrotto?"

"C'è posto per me nella tua vita?"

"Sì. Vivendo però separati ed accettando la non esclusività. Come hai appena detto, voglio che il nostro sia un rapporto erotico, ed anche amicale, ma che non implichi attaccamento".

"Posso pensarci un poco?"

"Certo. Ero io prima a chiedere la pausa di riflessione".

"Il piano di ristrutturazione?"

"Puoi farlo partire quando vuoi. Secondo il mio progetto, si farà una stanza alla volta, in modo che tu possa spostarti dall'una all'altra via via che proseguono i lavori. Mi sarebbe piaciuto farti da capocantiere, ma finché non liquido l'agenzia immobiliare, non mi è permesso. Ma ti trovo un'ingegnera donna brava, ed avrai un lavoro ben fatto!"

"Grazie, amore".

Rebecca baciò Leonida e disse: "La pausa di riflessione comincia ora, tesoro".

[Fine]

mercoledì 16 agosto 2017

49069NU.00002.003 - Il cliente genderqueer - 003


Erano già arrivate Debora e Giaele in pizzeria, ed avevano riservato un tavolo. Si presentarono a Leonida, il quale, notando la somiglianza, chiese loro: "Siete gemelle?"

"Non monozigotiche", precisò Giaele, "Siamo semplicemente tre sorelle che sono nate insieme".

"Che io sappia è rara la gemellarità in Sardegna", osservò Leonida, e Debora rispose: "Nostra madre buonanima aveva fatto ricorso alla FIVET per averci. Tutti i tre embrioni impiantati sono sopravvissuti, ed eccoci qua".

"Condoglianze. E vostro padre?"

"Amava tanto la mamma che è morto un mese dopo di lei", disse Rebecca.

"Di cosa è morta?"

"Latrodectismo", rispose Giaele, "Ovvero è stata morsa dalla malmignatta, un ragno velenoso che si trova nelle campagne della Sardegna. È rara invero la morte per una cosa del genere, ma la nostra gravidanza ..."

"... Ed allattarci tutte e tre insieme fino alla prima elementare ...", osservò Rebecca

"... Aveva lasciato la mamma di cagionevole salute", terminò Giaele.

"Eravate giovani?"

"Appena diplomate", rispose Rebecca, "Debora ha preso in carico l'oreficeria di famiglia, e noi siamo andate avanti negli studi. I miei li conosci, e Giaele è un medico ..."

"Neurochirurgo!", precisò Giaele, "Così rendo onore al mio nome!" (Giudici 5:24-27)

Tutti risero, e Rebecca continuò: "Ora è il turno di Debora di iniziare gli studi universitari".

"Che studi?"

"Sono ragioniera", rispose Debora, "ma mi sono iscritta a Lettere, indirizzo Classico. Per la magistrale penso di studiare Lettere, Filologia Moderna e Industria Culturale, indirizzo Lingua, Letteratura e Geostoria della Sardegna. Non posso fare dei bei gioielli sardi se non conosco la storia dell'isola. Conto su Rebecca per delle ripetizioni di latino e greco".

"Tu, invece?", chiese Rebecca, "Sei molto curioso, ma di te ci hai detto poco".

"Vengo dalle montagne della Sardegna, ma ho sempre vissuto in Continente. Lì mi sono laureato in Giurisprudenza, e per molti anni ho lavorato nell'ufficio legale di un'importante banca. Dopo la pensione mi sono laureato in Lingue e Civiltà del Mediterraneo - le lingue che ho studiato erano l'arabo, l'ebraico ed il persiano, e spero ora di creare una sinagoga umanistica in questa cittadina".

"Moglie, figli?", chiese Debora, e Leonida rispose: "Sposato in tarda età, divorziato senza figli miei. Ho deciso di non accettare più compromessi, nemmeno nel mio aspetto, e ne vedete ora il risultato".

"Cos'è una sinagoga umanistica?", chiese Giaele, e Leonida rispose: "Per la maggior parte degli ebrei, essere ebreo significa sia appartenere ad un popolo che praticare una religione, dei cui precetti ci sono molte interpretazioni - come dice un midrash, 'Settanta facce ha la Torah', e prima ancora un salmo diceva: 'Una parola ha detto Dio, due ne ho udite'. Noi ebrei umanisti riteniamo che si debbano separare le due cose, e che sia possibile venire adottati dal popolo ebraico assumendo la sua identità ed aderendo alla sua cultura, senza bisogno di aderire alla sua religione. L'unico precetto che chiediamo di adempiere è la Regola Aurea: 'Quello che ti è sgradito, al tuo prossimo non lo fare'".

"Vuoi fondare un luogo di culto per una non-religione?", chiese stupita Rebecca, e Leonida rispose: "Una sinagoga umanistica assomiglia molto ad un'associazione di sardi dell'emigrazione. In questa 'sinagoga' noi coltiviamo la nostra identità individuale e collettiva, attraverso incontri ed eventi culturali".

"Ti sei spiegato benissimo", disse Debora, "Ma mi chiedevo fino a che punto è compatibile l'ebraicità con la sardità".

Rebecca rispose: "Compatibilissima. Ci sono stati molti ebrei sardi, e delle comunità organizzate a Cagliari, Alghero, Bosa, Iglesias, Sassari, fino al 1492, quando la corona spagnola costrinse gli ebrei dei suoi domini a scegliere tra la conversione e l'esilio, durato fino al 1720, quando giunsero i Savoia nell'isola. Attualmente l'isola è nel territorio della Comunità Ebraica di Roma".

"E ci sono molti tratti sardi che fanno pensare ad un retaggio ebraico importante", osservò Leonida.

"Cioè?", chiese Rebecca, e Leonida spiegò: "Tacito e Svetonio riferiscono che l'imperatore Tiberio, dopo dei tumulti avvenuti a Roma tra i seguaci di Iside e gli ebrei, mandò 5 mila di questi ultimi in esilio in Sardegna, a combattere i briganti delle montagne da cui vengo".

"Questo ce lo insegnano alle elementari; ci dicono anche che il termine sardo per 'venerdì', 'chenàpura' nel nostro dialetto, nasce da 'coena pura', un'espressione degli ebrei di lingua latina per indicare la vigilia del Sabato e delle feste", disse Giaele, e Leonida continuò: "Ringrazio Agostino d'Ippona per averci tramandato questa notizia; però pensavo ad un'altra cosa - conoscete la Sindrome di Asperger?"

Le tre sorelle scoppiarono a ridere e dissero: "Ci hanno diagnosticate tutte e tre!"

Giaele aggiunse: "Anche tu, scommetto, Leonida".

"Reo confesso. Mi era venuto il sospetto che almeno Rebecca lo fosse".

"Dura trovare una lesbica neurotipica e non-binary-friendly di questi tempi, vero?" chiese ironicamente Rebecca.

"Però mi devi spiegare che c'entra la Sindrome di Asperger con gli ebrei e con i sardi", osservò Debora.

"Sia gli ebrei ashkenaziti che i sardi, specialmente quelli del Capo di Sopra, hanno una prevalenza della Sindrome di Asperger molto superiore alla media americana. In America si dice che 1 persona su 68 è Aspie; nelle scuole del Capo di Sopra pare che 1 alunno ogni 20 sia Aspie".

"Ma gli ebrei ashkenaziti sono quelli dell'Europa del Nord e dell'Est", osservò Giaele.

"Eheh, tu mi hai ricordato la parola 'chenàpura'", ribattè Leonida, "Ed io ti cito la parola 'bentshen', che in yiddish vuol dire 'benedire'. Secondo voi, da dove viene questa parola?"

"Sembra latina", osservò Rebecca, "'benedire' in tedesco si dice 'segnen' oppure 'weihen'".

"Esatto. È una delle parole più antiche della lingua yiddish, e risale al momento in cui degli ebrei di Roma, dopo le conquiste di Giulio Cesare, si stabilirono lungo la Valle del Reno. Lì e nel nord della Francia crearono la tradizione ashkenazita, che poi si estese all'Europa dell'Est".

"Stai dicendo che gli ebrei romani hanno regalato a noi sardi ed agli ebrei ashkenaziti i tratti autistici che noi ora constatiamo nella clinica - ed in noi stesse ed in te?", chiese Giaele, che aggiunse, "Ci vorrebbero delle serie ricerche comparative di genetica della popolazione per verificarlo o falsificarlo. Tantopiù che non esiste un singolo fattore genetico responsabile dell'autismo, o della Sindrome di Asperger".

"La sinagoga umanistica potrebbe occuparsene. Io non chiederei a chi la frequenta di abbandonare la propria religione - chiedo solo di approfondire il retaggio ebraico dei sardi, e questo potrebbe farne parte".

"Questo è un progetto interessante", disse Debora a nome di tutte le sorelle, ed aggiunse: "Sta arrivando la pizza. Approfondiremo dopo. Buon appetito!"

La conversazione proseguì poi in tono leggero, anche se Debora non riuscì a trattenersi dal chiedere a Leonida: "Conosci il rituale dell''argìa'?"

"Nella mia zona d'origine non si praticava. Devo documentarmi".

Debora aveva fatto la domanda con cattiva intenzione, ma se ne pentì e disse semplicemente a Leonida: "Il rito forse no, ma la premessa somiglia a quella del 'Dybbuk' cabalistico. Mentre però nel dramma di Ansky, è l'anima di un uomo che possiede una donna, nell''argìa' è l'anima di una donna che possiede un uomo, ed il rituale ha scopo esorcistico".

"Pensi forse che io sia un'argìa?", chiese Leonida, e Debora rispose: "Non voglio offenderti, però mi pare strano che un uomo della tua età stia cercando di assumere l'aspetto di una donna in avanzata gravidanza - una delle forme dell''argìa' è proprio quella della partoriente".

Giaele dovette intervenire: "Molte persone 'genderqueer' sono in Aspie e viceversa. Non c'è bisogno di diagnosi fantasiose, Debora".

Rebecca disse: "Non è che l''argìa' rappresenti l'irruzione dell'archetipo di Era? Le varie forme dell''argìa' registrate sono la nubile, la sposa, la partoriente, la vedova - tutte fasi della vita sessuale e riproduttiva della donna a cui sovraintendeva Era! E ad Era erano sacri i leoni - e come ti chiami tu? Leonida!"

Giaele si mise la mano in testa e disse: "Ragazze, state dicendo cose intelligenti nel setting sbagliato".

Leonida rise dicendo: "Cosa tipicamente Aspie!", e riprese: "Ci ho pensato, ma che c'è di male ad essere un'argìa?"

Rebecca: "Te le suonano! Anche il più antico strumento musicale sardo, le launeddas, è in diverse fogge, tra cui la 'pippia = bambina', ' fiuda bagadìa = vedova zitella', 'mongia = monaca'. Non voglio dire che ti picchiano, voglio dire che quando emerge un archetipo, ne vieni usato. Le launeddas non suonano da sole, sono suonate - e suonatrici di launeddas, a cominciare da Federica Lecca, stanno nascendo solo adesso!"

Giaele: "Anche perché le launeddas sono molto simili alla siringa, o flauto di Pan. Venivano usate nell'antichità in riti orgiastici che celebravano la fertilità della natura, interpretata da uno sguardo maschile. I balli sardi di oggi di quei riti sono solo un ectoplasma, ma danno lo stesso un'idea delle forze spirituali in gioco".

Leonida: "Vi ringrazio per avermi dato l'idea di scrivere un articolo che paragona il 'Dybbuk' all''Argìa'. Tra l'altro, una delle cose che ho scoperto guardando in Internet mentre ridevate sulle mie tette (sempre meglio che alle mie spalle), è che Argìa era la cognata di Antigone perché ne aveva sposato il fratello Polinice, e la aiutò a ricuperare e seppellire il corpo del fratello e marito. Argìa fa una cosa legalmente vietata, ma moralmente necessaria. Sbaglio ad ispirarmi a lei?"

Giaele disse: "No. Però 'argìa' è il nome sardo della malmignatta, il ragno che ha ucciso nostra madre. Come mai, se sei un''argìa', finisci con l'incontrare proprio noi? Dobbiamo capire che missione devi compiere, benefica o nefasta per noi e la città".

"Vi capisco", bofonchiò Leonida prima di riprendere a mangiare la pizza; a Rebecca spiacque il come ci si era rivolte a lui, e cercò di confortarlo parlando del suo interesse speciale per la mitologia greca. Altre persone si sarebbero arrabbiate, ma Leonida era intellettualmente abbastanza curioso da apprezzare delle considerazioni che avrebbero fatto invidia a Roberto Calasso, le apprezzò come un omaggio alla sua intelligenza, e cercò di rispondere a tono, od almeno di incoraggiare Rebecca a parlare.

Vide anche sul web che gli antropologi avevano già notato il rapporto tra "dybbuk" (nella versione di Ansky, un'anima maschile che possiede una donna), "tarantismo" (idem, in Puglia) ed "argìa" (un uomo posseduto da un'anima femminile, in Sardegna), e disse a Rebecca che l'articolo non l'avrebbe perciò scritto, visto che non aveva niente da aggiungere a quello che era già noto. Ma i ringraziamenti per averlo incoraggiato a documentarsi erano comunque validi.

Tra un interesse speciale e l'altro di cui parlare a lungo, l'intesa si approfondì tanto da indurre Debora e Giaele a scambiarsi ogni tanto lo sguardo d'intesa ed i sorrisi di chi si trova a reggere il moccolo!

Pagato il conto, Debora e Giaele andarono a casa, Rebecca si offrì di riaccompagnare a casa Leonida, perché non si perdesse tra i vicoli che si arrampicavano sul colle - e Leonida, col pretesto che Google Maps per cellulari non era abbastanza preciso per le calli di Venezia, i caruggi di Genova, ed i vicoli di quella cittadina sarda, accettò volentieri.

Davanti alla casa di Leonida, Rachele lo abbracciò, e lui la baciò. Entrarono in casa e non ne uscirono fino al mattino. Non c'era caffè in casa, e dovettero andare a berlo in un bar, mano nella mano, stupendo la barista.

Si sedettero ad un tavolino, e Leonida chiese: "Non eri lesbica?"

"Me lo sono chiesto un migliaio di volte stanotte", rispose Rebecca, "Ed oltretutto, non è consigliato andare a letto con i clienti. Si perde la lucidità, e non sempre sono loro a guadagnarci".

"Non è che sei per caso bisessuale?", propose timidamente Leonida; Rebecca fece di no col dito e disse: "No, non ho più avuto rapporti con ragazzi da quando facevo le medie inferiori, e non vedo motivo di cambiare atteggiamento. Forse ha ragione Debora, o forse ha ragione Giaele."

"Cioè?"

"Debora ha detto ieri sera che sei un''argìa', Giaele, mentre pagavi il conto, che sei 'bigender'. In entrambi i casi vuol dire che hai una forte componente femminile, e quella mi ha attratto oltre le tue fattezze".

"Potrebbe darsi. Ma hai fatto con me cose che potresti fare solo con uomo".

"No. Ci sono le protesi. Ne faccio volentieri uso. Da sola ed in compagnia. Puoi avere qualsiasi anatomia, ma devi essere femminile dentro per attrarmi".

"E adesso che facciamo?"

"Fra poco abbiamo appuntamento con un altro proprietario di case, che ti mostrerà che cosa può venderti. Ti accompagno?"

"Non puoi dirgli di lasciare la casa vuota, così la esploriamo con comodo?"

"E magari ne valutiamo anche la 'bedworthiness = attitudine alle cose da letto'? Quando sarò ingegnera idraulica ti lascerò la mia agenzia immobiliare, anziché chiuderla, perché sono sicuro che, se non la fai prosperare, ti divertirai comunque un mondo ad interpretare in modo creativo questo mestiere!"